Il piano paesaggistico prevale sul PRG, salvo che quest’ultimo non tuteli meglio il profilo ambientale e paesaggistico, di Paolo Urbani

Il TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 7 maggio 2024, n. 1520 ha ribadito che le previsioni dei piani paesaggistici sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute PRG, data la prevalenza degli interessi di tutela da essi garantiti. Peraltro, qualora gli strumenti urbanistici comunali disciplinino le aree vincolate con previsioni che tutelano anche il profilo ambientale e paesaggistico in modo più favorevole rispetto ai piani territoriali paesaggistici, essi sono da considerarsi prevalenti su questi ultimi.

I ricorrenti, comproprietari di un terreno, sono insorti avverso il P.R.G. nella parte in cui è stato previsto che il lotto di terreno di loro proprietà ricada nella zona “E.1” (verde agricolo), anziché nella zona “C.3” quale prevista dal P.R.G. adottato.

Gli stessi ricorrenti sono insorti avverso il Piano Paesaggistico della Provincia nella parte in cui lo stesso terreno del quale sono comproprietari è stato individuato nell’ambito del Comune quale oggetto di tutela 2 all’interno del paesaggio locale 14e.

La Corte di Cassazione, con sentenza del 08/09/2022, n. 33107, ha ricordato che ai sensi dell’art. 145, comma 3, del D. Leg.vo 42/2004, le previsioni dei piani paesaggistici sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici. Tale norma è stata interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che gli strumenti urbanistici non possono contemplare condizioni peggiorative per la tutela del paesaggio rispetto alle disposizioni del piano paesaggistico, ma possono pur sempre disciplinare le aree vincolate con previsioni che tutelano anche il profilo ambientale e paesaggistico in modo più pregnante rispetto al piano paesistico (v. C. Stato 08/07/2019, n. 4778).

In altri termini, non vi è alcuna preclusione a che gli strumenti urbanistici dettino, nell’ambito di propria competenza, disposizioni aggiuntive anche più restrittive dello strumento sovraordinato.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha fissato i seguenti criteri:

a) se lo strumento urbanistico generale contrasta con i limiti posti dal piano territoriale paesaggistico, quest’ultimo prevarrà, essendo “prevalenti” non tanto le sue prescrizioni quanto gli interessi di tutela dallo stesso garantiti;

b) qualora invece gli strumenti urbanistici comunali disciplinino le aree vincolate con previsioni che tutelano anche il profilo ambientale e paesaggistico in modo più favorevole rispetto ai piani territoriali paesaggistici essi sono da considerarsi prevalenti su questi ultimi.

L’arresto giurisprudenziale citato delinea chiaramente il rapporto di prevalenza/subordinazione esistente tra gli atti amministrativi generali deputati alla tutela del territorio che vede il piano urbanistico comunale in una posizione di grado inferiore rispetto a quello provinciale paesaggistico la cui portata precettiva può anche rendere vincolati determinati aspetti della disciplina urbanistica.

In primo luogo, il Collegio non rileva alcuna violazione dell’art. 143 del decreto legislativo 22-01-2004 n. 42 sotto il profilo del difetto di istruttoria. L’amministrazione resistente ha tenuto conto delle modificazioni operate dal nuovo strumento urbanistico e del reale stato dei luoghi, avendo l’autorità paesaggistica preso atto dell’assetto e della destinazione dei luoghi in quella sede delineati.

All’interno della individuazione delle aree di tutela paesaggistica, deve essere allora operato un delicato bilanciamento di interessi, che potrà ritenere prevalenti i diritti connessi ai piani di lottizzazione nelle sole ipotesi in cui le convenzioni urbanistiche possano dirsi attuali e idonee ad ingenerare nel privato proprietario l’affidamento legittimo alla conservazione del proprio diritto edificatorio.

In secondo luogo, il Collegio non rileva la violazione dell’art. 144 del decreto legislativo 22-01-2004 n. 42 a mente del quale “nei procedimenti di approvazione dei piani paesaggistici sono assicurate la concertazione istituzionale, la partecipazione dei soggetti interessati e delle associazioni portatrici di interessi diffusi, individuate ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di ambiente e danno ambientale, e ampie forme di pubblicità. A tale fine le regioni disciplinano mediante apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione paesaggistica, anche in riferimento ad ulteriori forme di partecipazione, informazione e comunicazione”.

Sul punto, in via preliminare, il Collegio osserva che la censura di omessa concertazione con l’ente locale, contrariamente a quanto prospettato da parte resistente, è ammissibile. La resistente ha sostenuto infatti che legittimato attivo a muovere una censura di questo tenore sarebbe esclusivamente il Comune. Tale affermazione non è però corretta, in quanto la titolarità del bene della vita sotteso all’esercizio del potere di partecipazione al procedimento (anche) del Comune spetta ai soggetti privati, unici destinatari finali delle prescrizioni dello strumento di pianificazione paesaggistico.

Venendo al merito della doglianza, nel caso di specie, dal punto di vista procedimentale non è riscontrabile alcun vulnus di partecipazione o carenza di istruttoria legate al presunto omesso coinvolgimento del Comune, o alla omessa verificazione dello stato dei luoghi in contraddittorio con i ricorrenti.

Coerentemente con la natura generale e pianificatoria dell’atto di cui discute, il modello procedimentale di partecipazione dei privati avviene nelle forme della possibile presentazione di osservazioni e non contempla l’obbligo per l’Autorità paesaggistica procedente di avviare verifiche sui luoghi in contraddittorio con i singoli privati proprietari delle aree oggetto di pianificazione.

Per queste ragioni il ricorso avverso il piano paesaggistico va rigettato e, conseguentemente, va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso avverso il P.R.G. comunale per le seguenti ragioni.